Storia e Cultura
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Storia e Cultura:
Sparanise si sviluppo intorno alla chiesa di S. Vitaliano, fatta erigere da Roffredo del monastero benedettino di S. Vincenzo in Volturno.
I coloni presenti nel territorio coltivavano le viti dell'uva che forniva ai signori romani: il vino caleno, simile al falerno e al cecubo nelle mense aristocratiche.
Durante le guerre puniche Cales con altre colonie della Campania negarono al Senato di Roma i contingenti militari e da questo rifiuto ne consegui un duro castigo citato nei testi di Tito Livio.
Intorno al mille nel territorio di Calvi sorse un organismo rurale le ville nei Capitolari di Carlo Magno.
Furono fabbricate delle corti o corticelle (Curtes), ed in mezzo ad esse una chiesa, e lo stesso Roffredo o un suo successore costrui un castello (castellum) in luogo sicuro, affinché i suoi fedeli contadini (curtenses) nei casi, allora non infrequenti, d'incursioni trovassero un rifugio difeso, per le loro persone e per le loro derrate e masserizie.
La villa non si chiamò subito Sparanise, ma, forse, S. Vitaliano: Sparanise, nome posteriore alla sua origine, derivò com'è sembrato a qualcuno, da un cognome Sparano, molto diffuso e più notevole nella villa, o dall'appellazione del territorio stesso in cui sorsero le corti.
La chiesa di Roffredo che serba ancora la pianta e le linee esterne di una lombarda chiesetta benedettina del tempo, fu dedicata a S. Vitaliano, o Vescovo di Capua, che poco più d'un secolo prima, aveva riempita la regione con la fama dei fatti della sua drammatica vita e dei suoi benefici prodigi dopo morto.
Il 27 ottobre 1860 Giuseppe Garibaldi invitato a colazione da Vittorio Emanuele, dopo averlo salutato re di Napoli, non andò, con la scusa di averla fatta.
Ma poi mangiò pane e cacio proprio nel piccolo portico della chiesetta di S. Vitaliano, convenendo con i suoi amici, mesto, raccolto, rassegnato apposto estremo, assegnato ai suoi valorosi nella marcia con le truppe regie a cui si era unito.
Il Castello (Castellum) non appartiene alle Ville fondate dall'Abate benedettino. Montanaro, casale chiesa e castello, a breve distanza da Sparanise, fu donato. a S. Benedetto da Aloara, vedova di Pandolfo Capo di ferro.
Regnando col pupillo Pandenolfo, principe di Capua, fu grande protettrice d'un monaco Monsone, cugino del marito, che essa volle abate di Montecassino, arricchendolo di molte terre: e abate fu di tragica memoria, negli annali di quella Badia Tale fu Sparanise, o comunque altro allora venisse chiamata, quale ho creduto di poterla abbozzare, alla fine del secolo decimo, quando comincia e finisce anche la sua cronaca scritta e sufficientemente documentata.
Giacché come esso in seguito andasse liberandosi dalla soggezione alla badia di S. Vincenzo a Volturno, di cui evidentemente fu un beneficio, e come senza essere stata mai più soggetta ad altro feudatario, divenisse Comune o Università, è forse la pagina più nobile che i nostri maggiori scrissero non sulla carta, ma bensì nella tradizione, viva del nostro costume e del nostro carattere.
Il nome di Sparanise è stato incontrato una sola volta nella Storia d'Italia, non attore, ma testimone casuale, silenzioso e inconsapevole, dell'armistizio che fu detto appunto di Sparanise, e che fu firmato dal risibile Vicario Generale di Ferdinando IV, Francesco Pignatelli col Generale Championnet: e si sa che quel dissennato armistizio, saputosi a Napoli, il 12 gennaio, scatenò la rivoluzione del 1799.
Quest'accenno alla rivoluzione del '99 richiamandoci al pensiero la breve e sventurata Repubblica Partenopea che ne seguì, ci farebbe sembrare irriverenti se passassimo oltre senza inchinarci pietosamente alla memoria del colonnello Leopoldo de Renzis di Montanaro tanto vicino a noi. I1 quale Leopoldo fu una delle moltissime illustri vittime dell'"odio della paura" di cui nulla è più feroce, che aveva invaso re Ferdinando e la consorte Carolina.
Il De Renzis era colpevole di aver fatto parte, come ministro della guerra nel governo formato dal generale Championnet in quella effimera ma non sterile Repubblica. E intanto il cognome stesso del ministro repubblicano del '99 ci riconduce a Sparanise, che ha fatto bene a intitolare una delle sue vie principali al nipote di Leopoldo, Francesco, barone di Montanaro.
Riconoscendo così che Francesco de Renzis fanciullo, alunno del Seminario di Calvi, giovane tra gli ufficiali borbonici costruttori del ponte sul vicino Saone, opera veramente romana
Fu nel 1860 un combattente valoroso per l'unità della Patria negli assedi di Capua e Gaeta: di poi pubblicista di agile spirito e di fiera onestà,
divenne scrittore elegante di novelle e di un romanzo di ambiente paesano, autore di proverbi drammatici applauditi fino a ieri, critico d'arte di squisito gusto, uomo politico e diplomatico apprezzato persino a Londra, non fu mai estraneo alla vita e agli interessi del nostro paese ch'egli amò costantemente riamato.
Trovasi , però, Sparanise diffusamente scritta nelle Storie paesane di Mattia Zona fu di Antonio Ricca, due concittadini ricercatori di cose patrie tra il '700 e 1'800, l'un geloso dell'altro, e più appassionati che severi, i quali trattarono dell'antichità di Calvi e delle cose nostre magnificandole, secondo il gusto dei raccontatori municipali di quel tempo.
Purtuttavia essi, Zona e Ricca, e Annibale Ranucci (1809-1877) che giovane osò, tardissimo epigone del Tasso, comporre un poema epico, I a Redenzione, di mole cinquecentesca, e maturo scrisse di filosofia e di politica, se furono poca cosa per la storia d'Italia, valsero però molto per la nostra cultura paesana.
Tra le personalita' piu celebre del contesto cittadino di Sparanise figura il politico Corrado Graziadei iscritto al Partito Comunista Italiano, diventando Deputato della II legislazione della Repubblica Italiana, appartenente alla circoscrizione di Napoli. Nacque a Sparanise l' 11 agosto del 1893 e vi mori il 13 luglio 1960. Fu considerato nella storia un uomo politico di elevata umanita' e grande spirito obiettivo. Partigiano e Sindaco con grande rispetto dei suoi avversari politici locali e nazionali fu stimato da tutti. Nel libro "La Rivolta del sud" Graziadei analizza e racconta i fatti, gli stessi eccidi con animo di comprensione umana ed etica del periodo fascista e della resistenza al sud.